venerdì 22 febbraio 2008

La Colombia di Uribe

Alvaro Uribe è il presidente della Colombia, logorata da 30 anni da una guerra interna che non sembra poter terminare o almeno vicina ad un processo di pace durante il suo mandato; si può affermare questo perché Uribe è un alleato fondamentale per gli USA e la loro cosiddetta politica della "guerra infinita".
Uribe nella campagna elettorale, che poi lo ha portato alla vittoria, aveva un proprio slogan ed era "Mano dura" (pugno di ferro); aveva promesso rigore nella gestione dello stato contro la corruzione, nel combattere il traffico di droga e la guerriglia e nell'applicazione della giustizia. Uribe applica un ferreo rigore, che sconfina nella stupidità, nella lotta contro le FARC vanificando tutto il lavoro svolto dal suo predecessore che aveva intavolato negoziati importanti per la ricerca di una soluzione dei conflitti interni.
Le altre promesse fatte in campagna elettorale non potevano essere mantenute durante il suo mandato presidenziale, perché sono ben noti i suoi legami con i gruppi paramilitari e con il narcotraffico colombiano (l'impresa di famiglia Uribe prestava gli elicotteri ad un certo Pablo Escobar); l'unica promessa mantenuta è la continuazione del sanguinoso conflitto interno che ha saputo sfruttare a dovere, consolidando il proprio potere, arrivando perfino a cambiare la costituzione per poter essere eletto per la terza volta.

La politica di Uribe è volta al più sfrenato liberismo ed alla repressione sociale. Sottoscrivendo nel febbraio 2006 i Trattati di Libero Commercio (TLC) con USA e Canada ha aperto le porte ai saccheggiatori nord americani che deprederanno il paese come è già accaduto in Perù, Argentina, Bolivia ed in altri Stati; attua la repressione sociale con il controllo dei mas media che nascondono e demonizzano coloro che si ribellano o manifestano contro la politica del presidente, contro gli omicidi e le scorribande dei paramilitari ed i precari diritti umani e sociali che imperversano nel paese.

Un dato su tutti è l'omicidio di circa 45 sindacalisti nel solo 2007.

Forse ci sono delle speranze nuove ed insperate per il futuro processo di pacificazione in Colombia grazie ai negoziati che i governi di Venezuela, Brasile, Argentina, Bolivia, Cuba e Ecuador hanno portato avanti con successo con le FARC. Le FARC dopo lunghi giorni hanno liberato nel gennaio del 2008 due collaboratrici di Ingrid Betancourt che erano prigioniere da molti anni dimostrando che con il dialogo e l'integrazione Latino Americana è possibile avanzare nella direzione della pace.
Subito dopo lo storico risultato, un riluttante Uribe ha ammesso che "si è potuta ottenere la liberazione delle due compatriote grazie al lavoro del presidente venezuelano Hugo Chávez, che ringraziamo infinitamente".

La liberazione di Clara Rojas e di Consuelo González de Perdomo segna, forse, la fine del Plan Colombia voluto e sostenuto strenuamente dagli USA e dall'oligarchia colombiana per osteggiare l'integrazione Latino Americana, che ogni giorno si fa più forte e che dimostra come sia l'unica soluzione per gli altrimenti interminabili conflitti regionali.
L'integrazione del Sud America sicuramente farà storcere il naso all'Occidente ma i principi a cui si ispira (multilateralismo, integrazionismo, giustizia sociale) sono le fondamenta della nuova politica che si sta delineando già da qualche anno nella regione.

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