mercoledì 18 giugno 2008

La dittatura Argentina fa ancora paura

La dittatura in Argentina ha imperversato dal 1976 al 1983, ma a quanto pare i tentacoli del mostro arrivano fino ad oggi.
All'inizio di maggio 2008 Juan Ecaristo Puthod il testimone più importante del processo contro alcuni ufficiali e membri della giunta militare di Vileda è stato sequestrato per 24 ore e picchiato. Juan Ecaristo deve testimoniare contro l'ex-commissario di polizia Luis Patti che ordinò la fucilazione di alcuni dissidenti e che dopo la fine della dittatura ha intrapreso la carriera politica con il ‘Partido Unidad Federalista’ (destra) diventando prima sindaco di Escobar e poi dal 2005 parlamentare.
Juan Ecaristo Puthod ha raccontato la sua storia alla polizia e poi ai media con queste parole:"Un gruppo di persone mi ha avvicinato e, dopo avermi coperto la testa con un cappuccio, mi ha costretto a salire su un'auto , portandomi non so dove. Poi mi hanno picchiato e minacciato 'Non hai voluto capire i messaggi che ti abbiamo mandato per telefono', continuavano a ripetermi 'Tu vivi o muori a seconda di quello che vogliamo. La tua vita è ancora nelle nostre mani', ero sicuro che tutto si sarebbe concluso con una pallottola in testa".

Puthod nel 1976 aveva solo 17 anni e fu rapito, picchiato e torturato per sei anni dalla Dittatura militare; in questo periodo di soprusi perse la vista da un occhio.
Oggi Juan Ecaristo Puthod (presidente della Casa della Memoria di Zarate) è testimone e memoria del brutale e violento regime di Vileda che è ancora presente nell'Argentina del 2008 in cui si cerca di condannare gli aguzzini della dittatura.
Prima di lui Julio López, un anziano superstite delle torture militari, scomparve dopo la sua testimonianza al processo a La Plata del 18 settembre 2006. Chiamato il ‘primo desaparecido’ della democrazia, López aveva appena testimoniato contro contro l’ex-commissario della ‘Policía Bonaerense’ Miguel Etchecolatz; grazie alla suo racconto l’ex-commissario fu condannato all’ergastolo per crimini di lesa umanità.

Sfortunatamente sembra che questi non siano più episodi isolati ma che stiano riprendendo forza i nostalgici della dittatura. La presidentessa delle Madri di Plaza de Mayo e sua figlia hanno subito minacce telefoniche, con messaggi scritti come questo "Stiamo tornando e la prima che uccideremo è tua madre" ed anche fisiche con uomini che suonano alle loro abitazioni a tutte le ore del giorno.
La risposta delle istituzioni è stata energica e repentina dimostrando la propria solidarietà e disponibilità alla protezione delle persone prese di mira, ma la paura più grande è che coloro che dovranno testimoniare non ritrattino tutto perché intimoriti dai tentacoli della dittatura.

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