mercoledì 26 agosto 2009

Fallita la mediazione di Arias

La mediazione del presidente del Costa Rica, Arias, tra il regime di Micheletti e il presidente deposto Zelaya è di fatto fallito.
La delegazione di Micheletti non ha aperto nessuno spiraglio di confronto verso le richieste del Presidente legittimo che aveva stilato una lista di punti per poter riportare la pace sociale nel paese.
Arias è molto preoccupato per il fallimento delle trattative e nella conferenza stampa che ha seguito gli incontri con le delegazioni ha sollevato, preoccupato, l'eventualità di un'acuirsi della lotta tra sostenitori di Zelaya ed il regime con queste parole: "Come sapete una buona parte del popolo hondureño è in possesso di armi. Cosa accadrebbe se una di queste armi sparasse contro un soldato oppure se un soldato dovesse sparare contro un cittadino armato? C'è il pericolo di spargimenti di sangue e di una guerra civile".

Dopo il fallimento dei colloqui tra il governo golpista e Zelaya il presidente di turno dell'UNASUR, Michelle Bachelet, ha affermato: "Sono trascorse tre settimane dal golpe in questo paese e ancora non è stato possibile trovare una soluzione alla grave crisi politica di questa Nazione sorella, e la verità è che credo di rappresentare fedelmente tutti i paesi membri di Unasur. Bisogna riconoscere la predisposizione del presidente costituzionale a trovare una soluzione che eviti la violenza e il confronto. Sfortunatamente il governo de facto non ha mostrato la medesima disposizione e volontà di cooperare. Il popolo dell'Honduras non può continuare a vivere una situazione simile. La comunità internazionale non accetterà nessuna altra alternativa che non sia il ristabilire lo stato di diritto e la restaurazione della democrazia".
Dopo l'appoggio esplicito e forte dell'UNASUR incassato da Zelaya anche l'Unione Europea si è decisa di tagliare gli aiuti, circa 70 milioni di euro per il 2009 ed altri 130 milioni di euro programmati per il 2010, destinati all'Honduras.
Dopo la condanna internazionale e dopo gli scontri che si sono verificati nella capitale dell'Honduras il presidente golpista, Micheletti, ha affermato che " in Honduras non ci sono stati morti, persone in prigione, bambini oltraggiati e dignità degli esseri umani calpestata. Che le organizzazioni dei diritti umani vengano in Honduras a vedere quel che sta veramente accadendo. La maggioranza di noi siamo intimiditi dall'esterno, mentre dentro abbiamo la pace che vogliamo".
Queste parole cozzano innegabilmente con le immagini ed i fatti realmente accaduti, nelle settimane successive al colpo, che sono stati riportati da alcuni operatori delle ONG e dalle telecamere di TeleSur prima che fossero espulsi dal paese. Sono da ricordare le manifestazioni a favore di Zelaya che sono state soffocate (si contano tre morti ed un numero imprecisato di feriti) con la forza dall'esercito.

giovedì 20 agosto 2009

Colombia: minacce di morte a teste chiave

Il 12 luglio 2009 Yidis Medina avrebbe dovuto comparire in veste di testimone al processo contro l'ex-ambasciatore colombiano a Roma, Sabas Pretelt de la Vega, indagato come corruttore della stessa Medina che aveva accettato benefici economici e politici in cambio del suo voto, indispensabile, per poter rieleggere Uribe come presidente.
La sua testimonianza però non c'è stata perché il sabato prima dell'udienza le è stato recapitato a casa del cibo, mai ordinato, ed un biglietto in cui c'erano le condoglianze per la morte sua e della sua famiglia.
Dopo queste minacce non si è presentata ne alla Procuradoria ne alla Corte Suprema di Giustizia perché, come afferma il suo avvocato, "Se non si otterranno garanzie di sicurezza, Yidis Medina non si muoverà".
Sfortunatamente è proprio questo l'intento di coloro che hanno recapitato il messaggio a Medina.
La Corte Suprema di Giustizia si sta muovendo per proteggere la testimone e per cercare di scoprire la verità sulla rielezione di Uribe.
Senza questa mancata testimonianza l'accusa a Pretelt de la Vega perde un poco di peso, anche se contro di lui hanno già testimoniato due capi paramilitari, che affermano di aver patteggiato con lui la mancata estradizione negli USA in cambio del loro appoggio alla rielezione di Uribe nel 2006 ed la "donazione" alla campagna presidenziale di Uribe.
Sempre la Corte Suprema di Giustizia, l'unico organo istituzionale che sta lavorando secondo le indicazioni della Costituzione, ha condannato Teodolindo Avendaño e Iván Díaz Mateus, ex parlamentari, per aver accettato favori del governo Uribe in cambio del loro sì alla riforma per la rielezione dello stesso presidente. Avendaño deve scontare otto anni per arricchimento illecito e corruzione mentre Díaz Mateus sei anni per concussione.
Il primo ex-parlamentare si era sempre battuto contro un possibile nuovo mandato di Uribe ma al momento della votazione decisiva non si era presentato in aula; il secondo, invece, si era adoperato per corrompere ed avere il voto favorevole di Yidis Medina.

domenica 16 agosto 2009

L'integrazione di Bolivia, Uruguay e Paraguay

A distanza di 17 anni un presidente boliviano ha effettuato un viaggio ufficiale in Uruguay; il motivo della visita è stato l'avvio dei negoziati per fornire all'Uruguay gas naturale in cambio di uno sbocco sul mare per la Bolivia.
Per il governo di Morales lo sbocco sul mare è di fondamentale importanza per l'esportazione delle merci prodotte ed il sistema portuale uruguayano darebbe ampie garanzie commerciali: soprattutto potrebbe rimpiazzare il partner cileno a cui la Bolivia si era rivolta già molto tempo addietro.
L'accordo bilaterale tra Montevideo e La Paz deve tenere conto anche di un terzo paese, il Paraguay, che si trova tra i due paesi e che dovrebbe dare l'autorizzazione per il passaggio del gas e delle merci per poter arrivare all'area interessata del porto fluviale di Nueva Palmira dove si incontrano Rio Uruguay e Rio de la Plata.
Al Paraguay i due governi che si sono incontrati a metà luglio 2009 hanno offerto la possibilità di importare gas naturale e di utilizzare il porto fluviale di Nueva Palmira in segno di "solidarietà" verso un paese che ha grandi difficoltà nel commercio.
Questa potenziale accordo, che sembra procedere spedito, darà la possibilità di una maggiore integrazione politico-economica dei tre paesi e permetterà di diversificare le forniture di gas che per adesso provengono in larga parte dall'Argentina per quanto riguarda Uruguay e Paraguay; per la Bolivia c'è la possibilità di poter continuare a trattare un'ulteriore sbocco sul mare con il Cile anche se adesso le trattative sono quasi bloccate.
Dopo l'incontro tra i due presidenti, Morales e Tabaré, un gruppo di tecnici dei due paesi si è messo al lavoro per cercare di condensare le molteplici esigenze di Bolivia e Uruguay in un trattato senza però dimenticare il ruolo importante del Paraguay.

martedì 11 agosto 2009

Il golpe in Honduras/4

Il nove luglio 2009 a San José in Costa Rica si è tenuto il primo dei colloqui separati di mediazione tra la delegazione del presidente golpista Micheletti ed il presidente legittimo Manuel Zelaya. A mediare tra le due delegazioni è Oscar Arias, Premio Nobel per la pace ed attuale presidente del Costa Rica.
Il presidente Zelaya chiede che i golpisti lascino le poltrone occupate impropriamente per far tornare la democrazia nel paese, mentre i golpisti accusano il legittimo presidente di essere un delinquente e di essersi macchiato di vari reati che però non hanno voluto specificare.
Poco prima che i negoziati iniziassero gli USA hanno stabilito la sospensione dei programmi di assistenza militare (17 milioni di dollari) per tutto il 2009 oltre ad iniziare le pratiche tecniche per bloccare gli aiuti per 250 milioni di dollari che dovevano essere erogati dall'autunno del 2009.
Oltre agli USA anche il Venezuela ha deciso di bloccare la fornitura di petrolio fino a che l'ordine costituzionale non sarà ristabilito perché "Petrocaribe non può trasferire i benefici a una dittatura".
Queste mosse da parte dei due più importanti partner commerciali dell'Honduras indeboliscono ancora di più la posizione del governo golpista e alimenta ancora di più lo scontento della popolazione che partecipa ogni giorno a nuove manifestazioni a favore di Zelaya.
Alla fine della prima giornata di colloqui il mediatore, Oscar Arias, ha affermato in conferenza stampa che le due parti non intendono cedere nelle loro posizioni e che queste, fra loro, sono molto distanti.

Ad alcuni giorni di distanza dai primi colloqui il presidente golpista Micheletti continua ad attaccare Zelaya affermando: "Rientrerà solo se si mette a disposizione dei giudici; se lo facesse potrebbe ottenere l'amnistia."
La risposta di Zelaya non si è fatta attendere ed ha lanciato questo ultimatum: "Se i golpisti, del governo illegittimo oltre che dittatoriale, dell'Honduras, continueranno a non riconoscere la Costituzione del paese e le risoluzioni dell'Organizzazione degli stati americani e dell'Onu, allora dovremo ritenere che il processo di mediazione è sulla strada del fallimento. Vogliamo dare un ultimatum al regime golpista negli incontri previsti questa settimana a San José: le risoluzioni adottate devono essere attuate”.

venerdì 7 agosto 2009

Il golpe in Honduras e l'OEA

Venerdì 3 luglio 2009 il segretario generale dell'OEA, Josè Miguel Insulza, si è recato in Honduras per notificare al governo golpista di Micheletti che le 72 ore date come termine ultimo per ristabilire l'ordine costituzionale, abolito con la cacciata del legittimo Presidente, fosse ristabilito.
Insulza ha avuto un colloquio con i giudici della Corte Suprema de facto ma non è riuscito ad aprire un varco nella loro linea di condotta; si è trovato, quindi, davanti un muro insormontabile che ha reso impossibile ogni trattativa per il ritorno di Manuel Zelaya.
Josè Miguel Insulza ha rilasciato la seguente dichiarazione: "La OEA considera che in Honduras è avvenuto un golpe e che l'ordine costituzionale nazionale è stato rotto. In Honduras si sta pianificando un conflitto sociale e politico. E' in atto la violazione della Carta interamericana e quindi si deve correre ai ripari. Vedo una società profondamente polarizzata e divisa, c'è molta tensione, una autorità instauratasi di fatto, spero che la Corte suprema stabilisca prima o poi chi ha cacciato il presidente dal paese."
Ha poi aggiunto che il giorno seguente avrebbe chiesto all'Assemblea generale dell'OEA di sospendere l'Honduras dall'Organizzazione come indica l'articolo 21 della Carta democratica interamericana, che stabilisce le condizioni per la sospensione di un paese membro. Insulza spiega che "la richiesta di sospensione dall'OEA non deve essere vista come un attacco contro l'Honduras. Siamo stati testimoni di molti cambiamenti di governo, ma si trattava di cambiamenti in rispetto del regolamento vigente. L'idea di espellere con la forza (un capo di Stato) è stata poco frequente. Ci siamo abituati a pensare che questo non sarebbe più accaduto in America Latina. In una democrazia si devono rispettare le istituzioni e se per qualche motivo qualcuno ha delle accuse da fare a un Presidente, deve fargliele per vie legali. Sono cose per le quali lottiamo da molto tempo e dobbiamo rispettarle".

Il golpe in Honduras/3

A distanza di una settimana dal golpe che lo ha destituito il presidente legittimo dell'Honduras, Manuel Zelaya, ha tentato di rientrare nel paese a bordo di un aereo venezuelano.
All'aeroporto di Tegucigalpa, l'aereo di Zelaya ha cercato di atterrare ma la sulla pista c'erano vari camion dell'esercito che bloccavano ogni tentativo di atterraggio; mentre all'esterno dell'aeroporto si erano radunati migliaia di manifestanti che sostengono il presidente deposto.
Zelaya durante il volo era in contatto con la redazione giornalistica di TeleSur a cui ,nei momenti concitati in cui i piloti cercavano di atterrare, ha dichiarato: "Ci minacciano. Dicono che ci mandano contro un aereo militare. Ci stanno ostacolando. Ora ci riuniremo con l'OEA per vedere come comportarci. Se potessi mi butterei dall'aereo. Non possiamo davvero atterrare. E' una barbarie quello che è successo contro la mia gente. Un gruppo armato che assalta il paese. Onu o altri devono intervenire. E' un movimento golpista senza componente sociale. E' un'elite che persegue il suo interesse con le armi. Va repressa. Il governo più forte, ossia gli Usa, potranno convivere con un golpista? Obama non può permetterlo. Sono un gruppo di mafiosi. Vogliono appropriarsi della ricchezza nazionale. Mi appello agli Usa che prendano misure immediate contro questo governo. Barbarie e terrore, ecco cosa sta accadendo. Dobbiamo pianificare nei giorni che vengono il mio ritorno in Honduras. Il popolo honduregno è capace di giudicare e si ribellerà contro un governo golpista, come sta già facendo. Questi golpisti lo manterranno nella miseria, senza permettergli partecipazione cittadina. Mi appello all'OEA"
Mentre il presidente si stava avvicinando alla capitale migliaia di manifestanti si accalcavano alle recinzione dell'aeroporto per salutare il rientro del loro presidente. La folla era in pacifica attesa quando i militari hanno iniziato la repressione con il lancio di gas lacrimogeni e spari sulla folla. Questo violento intervento dell'esercito ha un bilancio gravissimo denunciato per primo da TeleSur che ha contato due manifestanti uccisi.
Grazie a TeleSur ,che trasmetteva dall'interno della manifestazione, si è potuto assistere a ciò che stava accadendo con persone che cercavano di fuggire dalla repressione brutale delle forze dell'ordine. E' stata raccolta la testimonianza di un uomo che ha raccontato:"L'esercito ha massacrato un ragazzo di sedici anni. Lo hanno massacrato, sparandogli in testa".
Un'altra testimonianza dalla manifestazione racconta: "C'era molta sicurezza e inoltre c’era un buon servizio d’ordine formato da giovani studenti universitari e da attivisti dei movimenti. Poi alla fine, eravamo già arrivati circondando l’aeroporto pacificamente sono saltati i telefoni cellulari e ho visto in azione molti provocatori che invitavano soprattutto ragazzi ad invadere l’aeroporto, cosa che era stata esclusa dal primo momento. Avevano aperto vari passaggi nella rete di recinzione. Io ho iniziato a cercare la gente per portarla via. Ed è lì che c’è stata la carica più dura.”
Alcune ONG presenti in Honduras parlano di un Paese spaccato in due; da una parte i manifestanti che attendono il ritorno di Zelaya e dall'altra l'esercito e la polizia che cercano di reprimere le manifestazioni ed intimorire il popolo. Oltre a questa divisione ve ne è un'altra nel paese, i cui artefici sono i mezzi di informazione che non diffondono notizie su ciò che accade nella capitale Tegucigalpa.
Dopo il fallito rientro nel proprio paese il presidente deposto Zelaya ha tenuto, martedì 7 luglio, un incontro con il segretario di stato degli USA, Hillary Clinton, che ha continuato la strada tracciata dal presidente Obama con le seguenti dichiarazioni: "Gli Stati Uniti appoggiano il ritorno di Mel Zelaya in Honduras anche se questo si è fermamente opposto alle politiche nordamericane. Non appoggiamo Zelaya perché siamo d’accordo con lui. Lo appoggiamo in nome di un principio universale per il quale i popoli debbono poter eleggere i propri dirigenti, che ci piacciano o no. E dobbiamo riconoscere chiaramente: gli Stati Uniti non hanno sempre agito correttamente su questo punto ma il mio governo non cercherà di imporre governi ad altri paesi”
La Clinton nell'incontro con il deposto presidente honduregno ha accettato come mediatore il premio Nobel 1987, il costaricense Oscar Arias che era stato proposto dal gruppo dei paesi Latino Americani che avevano subito condannato il golpe.
Oltre all'appoggio all'azione di mediazione di Arias il governo USA ha condannato con forza le diplomatiche parole del Ministro degli Esteri del dittatore di Roberto Micheletti, Enrique Ortez, che ha affermato che "Quel negretto di Obama non sa neanche dov’è Tegucigalpa".

lunedì 3 agosto 2009

Il Golpe in Honduras/2

La mattina di domenica 28 giugno l'esercito ha arrestato il Presidente della Repubblica, Manuel Zelaya, e lo ha costretto con la forza a salire su un aereo con destinazione Costa Rica.
Mentre il legittimo Presidente era costretto ad abbandonare con la forza il paese, l'esercito ha tagliato l'energia elettrica e bloccato ogni forma di comunicazione del governo di Zelaya, mentre i mass media, controllati dall'élite che appoggia il golpe, trasmettevano solo le notizie sulla morte di Michael Jackson. Insieme ai militari ed i media anche il Congresso Nazionale partecipava e partecipa al golpe perché dopo l'espulsione di Zelaya ha presentato una falsa lettera di dimissioni; successivamente ha votato la richiesta di indagini contro il Presidente stesso reo di aver violato più volte la Costituzione e successivamente lo ha destituito e nominato come Presidente del Congresso, Roberto Micheletti.
Nonostante l'esercito presidiasse il palazzo presidenziale ed abbia iniziato a controllare anche i locali dove si stava tenendo la consultazione referendaria, la popolazione saputa la notizia ha continuato a votare e si è avvicinata alla residenza del Presidente per manifestare il proprio dissenso.
Ci sono stati alcuni scontri tra i manifestanti, pacifici, e l'esercito in cui si sono contati numerosi feriti ed arrestati; voci parlano anche di alcuni morti ma non ve ne è conferma. Le Forze Armate hanno anche arrestato alcuni medici e tecnici cubani, inviati da La Havana in seguito agli accordi per lo sviluppo della sanità voluta da Zelaya, mentre altri medici e tecnici cubani sono irreperibili perché protetti dalla popolazione che si è mobilitata per difenderli.

Il primo di luglio vi è stata una grande manifestazione indetta dai sindacati della Cosibah e dalla Coordinatrice della Resistenza Popolare che ha bloccato il ponte che da El Progreso, città del presidente golpista Roberto Micheletti, porta a San Pedro Sula. La manifestazione pacifica è stata dispersa con la violenza dalla polizia che ha lasciato sul campo circa 25 feriti e 20 arrestati; una ragazza che partecipava alla protesta risulta scomparsa.
Secondo il sito Hablahonduras.com, che non sempre è on-line a causa del boicottaggio che subisce da parte dei golpisti, la moglie di Cesar Ham, candidato alla carica di presidente del prossimo autunno, vive nella clandestinità per il timore di essere arrestata mentre Ham sembra sia stato ucciso dalle Forze Armate.

Il cardinale di Tegucigalpa, Oscar Andres Rodriguez Maradiaga, ha chiesto al deposto presidente Zelaya di non far ritorno in patria e di accettare il fatto che un nuovo governo si fosse insediato e che la sua deposizione è del tutto legittima. Inoltre ha aggiunto che il ritorno di Zelaya porterebbe ad un "bagno di sangue [...] Se lei ama la vita, fino ad oggi non è morto un solo onduregno, per favore ci pensi prima che sia troppo tardi". Con queste parole anche le gerarchie ecclesiastiche si schierano con i golpisti.