domenica 3 gennaio 2010

La fine degli Akuntsu

Nel novembre 2009 Survival International, l'Ong che cerca di difendere i popoli indigeni, ha denunciato che il popolo degli Akuntsu si è quasi estinto.
Gli indiani Akuntsu vivono nudi nella foresta amazzonica del Brasile, è un popolo non contattato (per molto tempo non hanno avuto contatti con l'uomo contemporaneo), che vive di caccia e di piccole coltivazioni di manioca e mais. Le loro abitazioni sono piccole case di paglia, hanno sviluppato tecniche per la costruzioni di strumenti musicali come i flauti e per la costruzione di monili ricavati da conchiglie e fibre vegetali.
L'area dove vivono si estende nello stato di Rondônia, ma la loro terra ancestrale gli è stata sottratta dagli allevamenti di bestiame e dai latifondi.

Lo sterminio del popolo Akuntsu ha avuto inizio negli anni '60 per mano degli allevatori e latifondisti che oltre ad assoldare dei killer veri e propri distruggevano al foresta per espandere i terreni su cui coltivare o allevare. Tutto questo fu autorizzato da un lungimirante ed avido governo nazionale che desiderava sfruttare l'enorme foresta amazzonica colonizzandola e costruendo infrastrutture come la tristemente famosa superstrada BR 364 che attraversa lo stato di Rondônia.
L'avanzata dei latifondisti costrinse il popolo Akuntsu a ritirarsi sempre più all'interno della foresta fino a che non arrivò il contatto con l'uomo bianco che con ruspe e fucili distrusse interi villaggi e uccise la quasi totalità degli Akuntsu. In uno degli scontri più sanguinosi si salvarono solo due indigeni, Konibú e Pupak, che ancora oggi portano i segni della mattanza sulla propria pelle (cicatrici di pallottole).
Il Funai(è l'organo ufficiale del governo brasiliano per proteggere i diritti dei popoli indigeni) riuscì a mettersi in contatto con gli Akuntsu solo nel 1995 e ne contò sette. Dopo questo contatto il Funai perlustrò le aree dove vivevano gli indio e trovarono le tracce del loro sterminio, che gli assassini tentarono di nascondere.

Oggi gli Akuntsu sono rimasti in cinque, tre donne e due uomini, tutti anziani; la più giovane è morta nell'inverno del 2000 ed a fine ottobre del 2009 si è spento anche l'indio più anziano, Ururú. La conferenza stampa di Survival si ricorda che Ururú "era un combattente, era forte ed ha resistito fino all'ultimo momento. [...] Purtroppo, sta molto male anche suo fratello Konibu".
Stephen Corry, direttore generale di Survival, afferma con amarezza che "con la morte di Ururú stiamo assistendo agli atti finali di un genocidio in pieno XXI secolo. A differenza degli stermini di massa della Germania nazista e del Ruanda, il genocidio dei popoli indigeni continua negli angoli più remoti del mondo, sfuggendo alla vista e alla condanna dell'opinione pubblica. Anche se i numeri sono inferiori, il risultato non cambia. Le speranze di salvezza dei popoli indigeni cominceranno solo quando le loro persecuzioni saranno state finalmente riconosciute gravi tanto quanto la schiavitù o l'apartheid".

Nessuno è riuscito a comprendere la loro lingua e quindi lo sterminio che hanno subito è stato ricostruito con le prove recuperate nella foresta; con la loro scomparsa perderemo un altro importante tassello di umanità che non siamo riusciti a proteggere.

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