martedì 27 settembre 2011

Continua la protesta studentesca in Cile


Le manifestazioni studentesche proclamate per il 4 agosto 2011 per protestare contro il governo Piñera che mantiene le leggi sull'educazione promulgate da Pinochet e non ascolta i bisogni del popolo cileno sono state vietate.
La polizia ha bloccato gli studenti cileni in varie città del paese che si stavano radunando; la repressione voluta dal governo ha scatenato una vera e propria battaglia tra forze dell'ordine e giovani cileni. Il bilancio degli scontri a Santiago è di 874 persone arrestate ,le accuse vanno dal disordine pubblico al possesso illegale di armi da fuoco ed esplosivi, e  90 carabineros feriti; non si conosce il numero dei manifestanti feriti negli scontri e sembra che nella regione del Araucanía ci sia anche una vittima. 

Il governo cileno ha commentato i fatti attraverso il sottosegretario agli Esteri, Rodrigo Ubilla, che ha dichiarato che gli scontri sono "il prodotto di un appello irresponsabile da parte dei dirigenti del movimento studentesco e del Collegio dei professori. La bassa adesione dimostra che la maggioranza degli studenti crede nel dialogo che il governo ha instaurato". Le parole di Rodrigo Ubilla non corrispondo nemmeno lontanamente alla verità dato che in tutto il Cile sono stati numerossisimi gli studenti che hanno tentato di manifestare, altro dato importante è quello riferito da molti giornalisti che hanno visto numerose persone uscire dalle proprie case, in tutto il paese, e manifestare il loro appoggio agli studenti con il classico cacerolazo (forma di protesta utilizzata in Argentina e Cile durante la dittatura che consiste nello sbattere tra loro le pentole).

Le manifestazioni di dissenso si sono acuite dal luglio 2011 quando Sebastián Piñera ha annunciato la creazione di un fondo di 4000 milioni di dollari per lo sviluppo del paese (la maggior parte di questo denaro doveva essere destinato al sistema scolastico).
Ma così non è stato perché controllando i documenti presentati dal governo gli studenti si sono accorti che solo una piccola parte del denaro promesso da Piñera era destinato all'educazione; i trasporti (gestiti malamente e carissimi) non venivano mensionati minimamente ed infine la grande disuguaglianza tra istruzione pubblica e privata, a favore di quest'ultima, non veniva intaccata minimamente intaccata.

La presidente della Fech, federazione studentesca cilena, Camila Vallejo ha dichiarato che "il comportamento del governo è stato inaccettabile e assolutamente in linea con le minacce continue a cui siamo sottoposti. Ho ricevuto minacce ripetute, chiamate al telefono di casa, con avvertimenti che mi avrebbero picchiata. Sono gruppi dichiaratamente di destra. È preoccupante e sento che in qualche modo stanno tartassando tutto il movimento, concentrandosi in particolare su di me. Riteniamo necessario che oggi il Governo riconsideri nuove misure concrete che permettano al Cile di arrivare a un sistema realmente più democratico, a carico dello Stato, gratuito e di qualità. Il Governo deve organizzarsi per dare una risposta concreta a queste esigenze, cosa che non ha fatto. E come se non bastasse il ministero dell'Interno osa reagire in modi assolutamente inaccettabili. Ha messo sotto assedio il centro di Santiago, violando diritti costituzionali come la libertà di riunione, di associazione, di transito negli spazi pubblici. È preoccupante".

giovedì 22 settembre 2011

La protesta studentesca in Cile


Gli studenti cileni continuano la loro lunga protesta nata nell'inverno del 2011 e che ad oggi mantiene tutta la sua forza. La protesta nasce dalla riforma, non condivisa dai sindacati e dagli studenti (Frente por la Educación), del settore scolastico attuata dal governo di Piñera. 
Il "Frente por la Educación" chiede da tempo maggiori investimenti nell'istruzione dei giovani cileni (ricostruendo gli edifici danneggiati o distrutti dal sisma del febbraio 20101), che venga diminuito prezzo del trasporto pubblico agevolando gli studenti e le fasce più povere della popolazione e soprattutto che le disuguaglianze che esistono tra scuola pubblica e privata (da sempre privilegiata) siano eliminate.
Inoltre gli studenti delle scuole superiori chiedendo che gli istituti siano amministrati dallo Stato, come accadeva già prima della riforma varata nel 1981, e non dalle amministrazioni locali.

A seguito delle nutritissime e pacifiche manifestazioni degli studenti e dei sindacati il governo di Sebastián Piñera, nello scorso inverno, aveva proposto "un Gran Acuerdo Nacional por la Educación" (l'accordo GANE) nella speranza, dimostratasi poi vana, di fermare le proteste e le manifestazioni. 
Gli studenti non si sono accontentati di alcuni ritocchi alla riforma scolastica e delle numerore promesse fatte dal governo ma hanno continuato a chiedere profonde riforme struttrali di tutto il sistema scolastico del paese. 

Nei primi giorni di luglio a distanza di molti mesi dall'inizio della protesta studentesca, che non ha mai diminuito la propria  intensità, il ministro dell'Istruzione, Joaquín Lavín, ha ceduto e si è dimesso costringendo di fatto il presidente Piñera ad un rimpasto di governo.
Il rimpasto ha visto protagonisti ben otto ministri e così a Lavìn è stato assegnato il dicastero della Pianificazione, mentre al ministero dell'educazione è statao designato Felipe Bulnes che prima del rimpasto era il ministro della Giustizia. 

La lotta studentesca ha contagiato tutto il paese ed ha portato l'attuale preseidente ad un calo di popolarità mai registrato dai tempi di Pinochet.

Le dimissioni del ministro dell'educazione, Joaquín Lavìn, ha soddisfatto gli studenti ma come ricorda la presidentessa degli studenti delle scuole superiori (Aces), Laura Ortiz, non deve far distogliere l'attenzione e le forze dal vero obbiettivo che è quello di un rinnovamento profondo ed ecquo del sistema scolastico. La Federazione Metropolitana degli Studenti delle scuole superiori (Femes) ha dichiarato: "Il ministro costituiva un grosso ostacolo, ma il problema è strutturale. Per questo vogliamo che si cambi nuovamente ministro senza che sia trovata una reale soluzione ai nostri problemi". 
Anche gli studenti universitari sono soddisfatti per le dimissioni del ministro ma secondo il presidente della Federazione degli Studenti dell'Università Cattolica, Giorgio Jackson, ha dichiarato: "il movimento sociale ha forzato un cambio politico anche se l'obbiettivo di tutti gli studenti non erano le sole dimissioni del ministro, ma la sviluppo di una nuova politica in Cile che ponga la scuola pubblica al centro del sistema sociale.

giovedì 15 settembre 2011

Uruguay: è morto Juan Maria Bordaberry


L'ex presidente dell'Uruguay, Juan Maria Bordaberry, è morto il 17 luglio 2011.
Juan Maria Bordaberry
Bordaberry rimase in carica tra il 1 marzo 1972 ed 27 giugno 1973 giorno in cui sospese tutte le garanzie costituzionali, dichiarò i partiti illegali e sciolse il Congresso. Rimase alla guida del paese con il supporto delle forze armate fino al 12 giugno 1976, quando fu rovesciato da un nuovo colpo di stato.

Negli anni della dittatura di Bordaberry furono sequestate, torturate ed uccise oltre 250 persone e si registrarono un numero non calcolabile di desaparecidos soprattutto nell'esercito guerrigliero dei Tupamaros. 

Nel 2006, dopo anni di oblio, l'opinione pubblica spinse il governo e la magistratura a riaprire i casi legati ai delitti commessi nel periodo della dittatura; la riapertura di alcuni casi portò all'arresto di Bordaberry perché implicato in quattro omicidi politici.
Nel 2010 Bordaberry fu condannato a 30 anni per numerose sparizioni e assassini (Uruguay: condannato l'ex-dittatore Juan Maria Bordaberry).

giovedì 8 settembre 2011

Octubre Nero: Sanchez de Losada accusato di genocidio


A metà luglio 2011 la Fiscalia boliviana ha richiesto per l'ex presidente Sanchez de Losada, 25 anni di carcere perché accusato di genocidio durante gli scontri del 'Octubre Negro' nel 2003.

 Sanchez de Losada
Tra il settembre ed il novembre del 2003 a El Alto (cittadina poco distante da La Paz) vi furono numerose marce e manifestazioni dei campesinos che tentavano fermare il progetto, per l'esportazione del gas naturale, attuato dal governo e da alcune multinazionali statunitensi.
Dopo un mese di proteste l'esercito ricevette l'ordine di reprimere il dissenso ed alla fine degli scontri si contarono 67 vittime e circa 400 feriti(Secondo le associazioni per i diritti umani ci furono ottanta morti e circa mille feriti che che furono lasciati senza soccorsi).

Dopo gli scontri la tensione tra la popolazione vittima della repressione e lo stato crebbe fino a che il presidente Sanchez de Losadaa fuggire negli Stati Uniti insieme ad alcuni suoi ministri.

A distanza di otto anni i giudici, Milton Mendoza e Mirna Aranciba, hanno dichiarato incostituzionale l'ordine con cui si autorizzava l'esercito a "reprimere le proteste con la scusa della presenza di gruppi guerriglieri e cospiratori". 

giovedì 1 settembre 2011

La denuncia degli indios Ayoreo-Totobiegosode


Il progetto, Global Compact, del ONU finanzia le imprese che basano le loro attività produttive su dieci principi cardine. I principi sono: il rispetto dei diritti umani delle popolazioni, dei lavoratori, dell'ambiente e lotta alla corruzione.
Il progetto mira allo sviluppo delle aree dove le società investono ma anche garantire a quest'ultime nuovi siti produttivi e l'ampliamento del loro mercato.

Alcune società che partecipano al progetto Global Compact sembrano non rispettare i principi base dettati del ONU; la denuncia arriva dagli indios Ayoreo-Totobiegosode (Paraguay) che denunciano numerose attività illecite ed il mancato rispetto dei diritti umani.
La compagnia in questione è la brasiliana Yaguarete Porá; si è macchiata di una serie di disboscamenti in zone dove vivono indios ancora non contattati ed ha mantenuto nascosto la scoperta al Governo pur di continuare la sua attività di disboscamento. Per questa suo comportamento fu solamente multata e poté riprendere il proprio lavoro. Alcuni mesi fa, grazie ai satelliti, sono stati scoperti nuovamente a distruggere la foresta e così multati un'altra volta.

Gli indios Ayoreo-Totobiegosode alla luce dei riprovevoli comportamenti (è riuscita a distruggere circa 4mila ettari di foresta) della compagnia brasiliana chiedono che sia bloccato il suo lavoro e che sia estromessa da qualsiasi progetto del ONU.
La risposta del ONU è stata singolare e disarmante ed è questa:"Global Compact non ha né le risorse né il mandato per condurre indagini su nessuno dei suoi partecipanti".
Probabilmente la posizione di chi dirige il progetto è dettata dalla forza sia economica che politica che le società riescono a mettere in campo.

Le regioni devastate dal disboscamento erano custodi di biodiversità ancora intatta ma erano anche abitate da gruppi indigeni incontattati che per sopravvivere sono stati costretti ad abbandonare le loro terre ed entrare ed entrare in contatto con la "civiltà".

Ancora oggi attendiamo un intervento che blocchi lo scempio in atto denunciato dal popolo Ayoreo-Totobiegosode.