sabato 28 aprile 2012

La contesa delle Malvinas


L'arcipelago della Malvinas è sempre più al centro di uno scontro politico tra l'Argentina e la Gran Bretagna che le occupa dal 1833; le polemiche e scontri tra i due paesi, non solo diplomatici (nel giugno 2012 ricorrerà il trentennale della guerra che vide contrapposta l'Argentina e la Gran Bretagna), si sono acuiti anche grazie alla scoperta di potenziali giacimenti pretoliferi di circa 8 miliardi di barili nel sottosuolo delle Malvinas.
Un nuovo capitolo si è aperto nella riunione dei capi di Stato del Mercosur, tenutasi il 20 dicembre 2011, è stato deciso che le imbarcazioni provenienti dalle Malvinas non potessero più attraccare nei porti dei Paesi aderenti al Mercosur.
La risposta della Gran Bretagna è stata immediata ed il primo ministro David Cameron ritiene che la decisione presa durante il summit del Mercosur è blocco economico che cerca di isolare la popolazioni dell’arcipelago; inoltre il governo britannico ha deciso, come segnale distensivo, di inviare un sottomarino nucleare per "difendere con tutti i mezzi a sua disposizione, anche quelli militari, la britannicità delle isole".

Altro aspetto, importante, del contenzioso è la richiesta della presidenta dell'Argentina alla Gran Bretagna per l'apertura di un tavolo di trattative per derimere il problema sulla giurisdizione delle isole Malvinas.
Cristina Fernandez Kirchner afferma: "Insisteremo con rigore giuridico e diplomatico all'Onu di applicare la risoluzione per l’inizio dei colloqui".

martedì 24 aprile 2012

La resistenza di Famatina


Famatina si trova in Argentina e più precisamente nel nord della provincia di La Rioja, è una comunità composta da settemila persone che protesta contro i tentativi di installazione di miniere a cielo aperto per l'estrazione dell'oro nella regione. La nuova minaccia porta la firma della multinazionale canadese Osisko Mining dopo che nel 2006 riuscirono a bloccare ed allontanare con una sommossa popolare la società Barrick Gold.

Oggi il problema si ripropone dato che il 31 agosto del 2011 il governatore Luis Beder Herrera (Herrera nella sua ultima campagna elettorale promise di bandire l'instaurazione di nuove miniere a cielo aperto) firmò un nuovo accordo con l’Osisko Mining Company in cui si concedeva lo sfruttamento minerario del monte Famatina.
Con questo nuovo accordo la popolazione ha ricominciato la lotta per difendere il proprio ambiente richiamo di numerosi turisti oltre che madre di tutti i prodotti coltivati dalla comunità locale. Il comitato locale insieme all'Università di Buenos Aires ha calcolato che ogni giorno di attività della minierà la Osisko Mining Corporation possa utilizzare circa dieci tonnellate di cianuro per separare l’oro dalla roccia, contaminando così le sorgenti della regione.

La comunità di Famatina sta resistendo contro lo sfruttamento folle ed indiscriminato del suo territorio, le loro manifestazioni sono sempre molto partecipate ed hanno contagiato anche altre comunità dell'Argentina; non è raro trovare manifestazioni di solidarietà a Buenos Aires in cui viene fatto proprio il motto della popolazione di Famatina: “si può vivere senza oro, ma non si può vivere senza acqua”.

Questo è il link al video "El Famatina No Se Toca"

venerdì 13 aprile 2012

Bolivia: Morales sconfitto al referendum


A metà ottobre 2011 si è svolto in Bolivia un referendum per eleggere 56 magistrati con un risultato deludente per la coalizione che sostiene il Presidente Evo Morale che per questa consultazione si era molto impegnata. Mentre i partiti di opposizione hanno proclamato la loro vittoria dato che avevano chiesto agli elettori di votare scheda 'nulla' o 'bianca'
Il 42% dei voti sono stati nulli, il 18% sono state schede bianche mentre i voti validi sono stati circa il 40%. 

La causa principale della battuta d'arresto della maggioranza che sostiene Evo Morales è il lungo scontro che si è consumato tra le comunità indigene ed il presidente per la costruzione della strada che avrebbe deturpato il parco di Isiboro Secure (Bolivia: proteste Indio per la costruzione di una nuova strada).
I nativi avevano manifestato il proprio dissenso con numerosi cortei ed una marcia che li avrebbe dovuti portare fino alla capitale; in queste proteste vi erano stati anche alcuni scontri a causa della repressione attuata dalla polizia. Dopo che la lunga protesta iniziata nell'estate del 2011 il presidente aveva ceduto bloccando il progetto e chiedendo perdono agli indios per le violenze commesse (link a Bolivia: Vittoria degli Indio).

La sconfitta politica di Morales è commentata in vario modo da esponenti politici e della società civile; il presidente dell'ordine del Colegio de Abogados di Cochamabmba ha affermato: "Avremmo rischiato di avere una giustizia non imparziale ma sottomessa. Questa tornata elettorale ha un grande valore politico e a mio avviso viola i principi democratici e costituzionali boliviano".
Mentre il movimento di sinistra Sin Miedo ha affermato, in un comunicato, che "il Paese si è espresso contro una gestione caratterizzata dall'autoritarismo e dall'inefficienza".

Questo referendum è un campanello di allarme per Evo Morales, forte sostenitore dell'utilità delle consultazioni popolari, perché da oggi le maggiori preoccupazioni non provengono più dall'opposizione ma dai suoi alleati e sostenitori.

sabato 7 aprile 2012

Brasile: attaccato il popolo Awá


Il popolo "incontattato" degli Awá sta subendo da molto tempo le pressioni da parte dei grandi allevatori e dei tagliatori di legna abusivi. Secondo le ricerche effettuate nella regione nord-orientale dell’Amazzonia brasiliana da Survival International si stimano in almeno 60 persone appartenenti alla popolazione degli Awá; loro sono cacciatori-raccoglitori nomadi de quindi dipendono esclusivamente dalla foresta che è micciata dall'invasione abusiva di numerosi taglialegna illegali che deforestazione dissennatamente l’Amazzonia per perseguire i loro interessi.

Le pressioni sono sfociate in atti di intimidazione ed all'inizio del 2012, secondo le prove e le testimonianze raccolte dalla Ong brasiliana Cimi e Survival International un gruppo di taglialegna abusivi avrebbero attaccato il popolo Awá ed avrebbero uccioso ardendo vivo un bambino. Dopo questo vile aggressione la popolazione indigena non è più stata avvistata in questa area della foresta Amazzonica; quindi è possibile che siano fuggiti per non incappare nuovamente con i taglialegna.
Le due Ong hanno anche dichiarato che i grandi allevatori e dei tagliatori di legna continuano a rivolgere minacce di morte agli indio ogni volta che li incontreranno nella foresta.

Dopo la denuncia delle due Ong il Funai (il dipartimento agli affari indiani del governo brasiliano) ha aperto un'indagine per capire cosa è accaduto anche se ancora non ha confermato l'uccisione del bambino Awá.

lunedì 2 aprile 2012

Il Salvador ricorda gli Accordi di Pace


Il 16 gennaio 2012 il presidente salvadoregno, Mauricio Funes, ha commemorato il XX annivversario degli accordi di pace che portarono al termine della guerra civile che insanguinò il Salvador dal 1980 al 1992 provocando circa 75.000 morti e oltre 7.000 desaparecidos.
Durante la commemorazione il governo del Paese ha annunciato che creerà una commissione di inchiesta per fare luce sulle responsabilità della Fuerza Armada negli innumerevoli crimini contro l'umanità durante la guerra civile.

Il presidente, Mauricio Funes, inoltre ha chiesto perdono ai familiari delle vittime del massacro di El Mozote commesso dal battaglione Atlacatl nel dicembre del 2011 in cui furono trucidati oltre mille e duecento persone (la metà erano bambini ed adolescenti).
Ad El Mozote tra 11 ed il 13 dicembre 1981 un corpo scelto dell'esercito salvadoregno (il battaglione Atlacatl comandato da Domingo Monterrosa che ubbidiva agli ordini del regime militare di destra che si opponeva la guerriglia del Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional) irruppe nel villaggio sparando selvaggiamente sugli abitanti; coloro che non morirono per le ferite delle armi da fuoco furono torturati e poi giustiziati. Dopo questa carneficina il battaglione Atlacatl rivendicò l'azione con una lettera in cui insultava gli abitanti chiamandoli "figli di puttana" e li accusava di dare supporto e protezione al Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional. 

Per il ministro della Difesa, Hugo Martínez, "il massacro di El Mozote fu un vero e proprio genocidio, che non deve essere dimenticato affinché mai possa ripetersi".