giovedì 30 maggio 2013

Le elezioni i Paraguay


Horacio Cartes candidato del Partido Colorado alle elezioni presidenziali del 21 aprile 2013 è il nuovo presidente dell' Paraguay.
Cartes ha dichiarato varie volte che il modello di stato a cui si ispira è quello Statunitense; in una delle su ultime interviste per elettorali dichiarò: "Mi piacciono molto gli USA (è cresciuto negli Stati Uniti perché il padre ha lavorato molto con la compagnia Cessna) ho fatto tutto il mio percorso scolastico come i miei fratelli. Gli USA è un paese dove tutto funziona (...) è un paese che quando si commette un errore che si paga, tutto funziona, funziona la giustizia, è un paese che dopo le grandi crisi hanno capacità di recupero".
Con queste affermazioni Cartes oltre a rinforzare il rapporto storico tra Paraguay e Stati Uniti cerca di rompere l'isolamento politico derivato dalla sospensione ricevuta dal Unasur e dal Mercosur a causa del Golpe parlamentare che destituì il presidente Lugo. Si deve ricordare che lo storico rapporto tra i due paesi ha permesso al Paraguay di rimanere come membro attivo nel OAS (Unione Stati Americani) anche se ne era stato richiesto la sospensione sempre a causa della destituzione del Presidente Lugo.
Gli USA hanno difeso ed appoggiato nelle sedi Internazionali il Paraguay ma ha praticamente imposto al Governo la creazione di un ambiente favorevole per gli investimenti esteri e il mantenimento di una pressione fiscale bassa che favorisca le imprese internazionali.

Il Golpe subito da Lugo ha portato la sinistra paraguayana a frammentarsi ancora di più e quindi a non poter incidere nelle elezioni presidenziali; inoltre anche i movimenti sociali si sono indeboliti ed hanno perso lo slancia che aveva acquistato durante la campagna elettorale di Lugo nel 2008.
Con questo il Partido Colorado ha ripreso vigore riuscendo a rafforzare il proprio messaggio economico che che vede le politiche liberiste come unica strada percorribile.
Cartes sottolinea che l'espansione economica può arrivare solo proteggendo le grandi industrie del Paese ma anche quelle estere che investono in Paraguay quindi la sua "nuova" ricetta è il liberismo e con questo, nella sua campagna elettorale lo ha dichiarato più volte, punta a rafforzare e migliorare le esportazioni di soia (nel 2013 si calcola che il Paraguay ne esporterà più di più di 5 milioni di tonnellate di soia), così come l'esportazione di carne che nel 2013 sfonderà la cifra di 1.000 milioni di euro. 

La preoccupazione dei movimenti sociali e dei campesinos per queste "nuove" misure economiche è altissima perché temono che ogni forma di protesta possa, e quasi sicuramente lo sarà come è già accaduto in passato, essere criminalizzata per screditare i movimenti stessi che lottano per la terra e per l'approvazione della legge di riforma agraria (da oltre 4 anni ferma in parlamento per una serie di veti e contrasti tra le varie forze politiche).
Queste preoccupazioni si basano sulla storia del Partido Colorado che non ha mai tutelato i paraguaiani più poveri e nel suo passato golpista ha perseguitato, represso, imprigionato ed ucciso chi ha tentato di ribellarsi e cercato a cambiare il Paese.

Oggi il Paraguay non può prescindere dall'integrazione regionale che offre il Mercosur quindi il neo-presidente Cartes si dovrà attivare per far cancellare le sanzioni al suo Paese ma sarà interessante capire se il Paraguay vorrà puntare veramente sull'integrazione regionale accettando e provando ad attuare i cambiamenti strutturali di cui il Paese ha urgente bisogno nell'interesse di tutti i cittadini oppure agirà come "portavoce" degli Stati Uniti in seno al Mercosur puntando ancora una volta sulle corporazioni locali ed internazionali.

mercoledì 22 maggio 2013

Ecuador: il Governo ignora la Costituzione


La protesta dei popoli indigeni e delle associazioni in Ecuador e sempre più osteggiata dal Governo del presidente Rafael Correa; nell'ultima manifestazione, del 21 marzo 2013, per difendere l'accesso alle risorse idriche tre rappresentanti delle comunità del Tarqui, che da molti anni si oppongono alle concessioni mineraria nell'area di Kimsacocha, stati condotti in carcere.
Carlos Pérez, Federico Guzmán e Efraín Arpi sono stati arrestati durante la manifestazione, pacifica, 
e condannati a un anno di detenzione dal Tribunale di Cuenca che ha poi ridotto la pena ad otto giorni perché, secondo la corte, "protestare per il diritto all'acqua è una lotta altruista".
Mentre nei primi giorni di aprile del 2013 sono stati arrestati, sempre per "sabotaggio", "terrorismo" e "blocco della circolazione", dieci attivisti di sinistra conosciuti come i "dieci di Luluncoto" (perché provenienti dal barrio dove sono stati catturati, a sud di Quito) per "punire" la loro partecipazione attiva ai movimenti per la tutela dell’acqua pubblica e contro lo sfruttamento delle risorse minerarie.

I fermi a cui sono sottoposti i rappresentanti delle associazioni e degli indio arresti sono arbitrari e senza fondamento; i fermati vengono fantasiosamente accusati di atti di "sabotaggio", di "terrorismo" e di blocco della circolazione (se un cittadino vine dichiarato colpevole di obstrución ilegal de vías in Ecuador rischia fino a 3 anni di carcere) durante le manifestazioni in cui non si è mai verificato uno scontro con le forze di polizia. A tutto ciò si aggiunge il fatto di aver ritirato loro il passaporto e quindi gli viene impedito di recarsi agli incontri dei popoli indio che si svolgono in tutto il Sud America.

Le associazioni rivendicano il loro diritto a manifestare pacificamente affermando che lo Stato deve garantirgli questo diritto oltre a mantenere l’ordine pubblico qualora ci fossero incidenti (ad oggi mai verificati).
I movimenti indio e le associazioni denunciano che in Ecuador non è mai stato effettuato un referendum per convalidare la Ley de Aguas; il referendum fu chiesto a gran voce nel maggio 2010 con La Marcha de la Pachamama y el Agua, indetta dal Conaie (Confederación de Nacionalidades Indígenas del Ecuador), per sensibilizzare il paese sul fatto che l’acqua era esclusivamente nelle mani delle multinazionali e che l'accesso a questo bene fondamentale e per la popolazione era difficile e costoso. 
Inoltre l’estrazione di oro, argento e rame contamina le faglie ed i corsi d'acqua riducendo così la possibilità di approvvigionamento delle popolazioni.

Quello che colpisce è l'accanimento con cui lo stato ecuadoriano persegue e gli attivisti impegnati a difendere i diritti umani e ambientali; il tutto appare ancora più assurdo se si pensa che la stessa Costituzione del Ecuador stabilisce il diritto fondamentale all'acqua  alla sovranità alimentare, e riconoscere il diritto alla resistenza di fronte a decisioni prese dallo stato che violano i diritti costituzionali dei suoi abitanti. 

mercoledì 15 maggio 2013

Guatemala: la criminalizzazione dei Movimenti Sociali


In Guatemala da quando si è insediato il Presidente Otto Perez Molina, nel gennaio 2012, è in atto una campagna diffamatoria ed intimidatoria (con minacce di morte, numerosissimi episodi di omicidi e torture) contro i militanti dei movimenti sociali.
Il motivo di questa offensiva guidata da movimenti di estrema destra, supportata anche dal Governo di Molina che ha sempre insabbiato o minimizzato gli episodi violenti che hanno visto gli attivisti vittime, è da ricercarsi nei numerosi investimenti che il Governo vorrebbe attirare per la costruzione di centrali idroelettriche, un canale interoceanico che colleghi Atlantico e Pacifico e l’edificazione di un mega-porto in ciascun oceano.

Numerosi gruppi conservatori, come il Chapines Unidos por Guate (CUG), si sono mobilitati per bloccare le riforme promosse (come la Ley del Sistema Nacional de Desarrollo Rural Integral con cui i movimenti contadini vorrebbero indirizzare le politiche agrarie verso una gestione ed una  ripartizione più attenta al sociale) e le proteste attuate dai movimenti sociali, definiti "gruppi violenti legati all'opposizione , perché limiterebbero un poco le manovre ed i profitti dei grandi latifondisti e delle multinazionali a vantaggio dei più poveri.
Un'altra arma usata dai gruppi di estrema destra è la diffamazione verso l'opinione pubblica ed ogni occasione, come scioperi o manifestazioni, è una buona per apostrofarli come "gruppi violenti legati all'opposizione  oppure le notizie portate alla luce da loro sono solo "disinformazione data dalla manipolazione della realtà". Oltre a ciò la disinformazione riesce a far passare il messaggio che le proteste organizzate dai movimenti civili si oppongono al progresso del paese dato che si battono per limitare lo strapotere della proprietà privata e per non ratificare del Trattato di Libero Commercio tra Guatemala e USA. 

I movimenti guatemaltechi obbiettivo degli attacchi del Governo e dei gruppi di estrema destra sono la Coordinadora de Unidad Campesina (Cuc), gruppo storico e molto attivo nella lotta per il diritti alla terra e nell'opposizione alle multinazionali che impongono le monocolture, la Coordinadora Nacional Indígena y Campesina (Conic), la Coordinadora Nacional de Organizaciones Campesinas (Cnoc) ed il Cifca (Iniciativa de Copenhague para Centroamérica y México); fino ad oggi, fortunatamente, le minacce e le violenze non hanno avuto l'effetto di diminuire le lotte per la salvaguardia del territorio, dell’acqua e della madre terra.

"Le violenze e la paura in Guatemala crescono di giorno in giorno e mai ci piegheremo allo sfruttamento capitalista e al razzismo: le lotte rappresentano i semi della liberazione del nostro paese”, queste parole di Hernández Ixcoy, tra i fondatori del Cuc, mostrano come la lotta è ancora viva.

mercoledì 8 maggio 2013

Guatemala:le donne Ixil raccontano le violenze subite dal regime


Il processo per genocidio e delitti di lesa umanità ai danni di di 1771 indigeni dell’etnia Maya Ixil, delle province di Chajul, Cotzal e Nebaj, in cui sono imputati gli ex militari Efraín Ríos Montt e Mauricio Rodríguez sta procedendo speditamente.
In una udienza dell'aprile 2013 dieci donne Ixil hanno testimoniato davanti alla Corte sugli abusi sessuali e sulle torture inferte dai militari tra il 1982 ed il 1983.
Le loro testimonianze sono state durissime e molto toccanti; una testimone ha ricordato le parole della madre, violentata ripetutamente dai soldati del regime, che disse: "Non piangere e non gridare, perchè altrimenti ti uccidono!"
Un'altra donna ha ricordato i dieci giorni di prigionia, "arrestata" dopo che i militari uccisero suo marito, e di violenze nella caserma della provincia di Cotzal, questa donna coraggiosa ha concluso la sua testimonianza con queste parole: "I soldati approfittarono di me; ho sofferto abbastanza e voglio solo un aiuto".

Un'altra testimone, oggi sessantenne, ricorda come i soldati riunirono numerose donne nella chiesa di Cotzal dove le violentarono, picchiarono e minacciarono di morte se avessero raccontato l'accaduto.
Ha continuato ricordando: "Mia mamma l’hanno violata nel salone parrocchiale, poi l’hanno portata là come un cane morto e l’hanno legata. Poi ci hanno portato nella caserma dove sono continuati gli abusi. Uno dei soldati mi aveva detto che io stavo là, perché il presidente Ríos Montt aveva dichiarato che dovevano essere gettati nella spazzatura tutti quelli dell’area Ixil, perché noi collaboravamo con la guerriglia”.

Orlando López, il pubblico ministero, ha sottolineato la gravità delle violenze subite dalle donne Ixyl ed ha esortato il Tribunale ad includere gli abusi come parte integrante del "genocidio perché si è tentato di distruggere il popolo Ixil, commettendo abusi fisici e psicologici"

mercoledì 1 maggio 2013

Costa Rica: i lavoratori di Matas rivendicano i propri diritti


In Costa Rica vi è un'azienda nella provincia di Limón, la Matas de Costarica, che coltiva e vende piante ornamentali e che nega ogni più elementare diritto sindacale ai propri dipendenti.
L'azienda, secondo le dichiarazioni dei dipendenti e dei sindacati, sembra non abbia mai pagato gli straordinari, non abbia mai fornito attrezzature per la prevenzione degli infortuni e dalla fine del 2012 non paga nemmeno gli stipendi.
La Matas de Costarica utilizza normalmente forme di contratti a tempo determinato della durata di tre mesi perché, secondo i sindacati ed alcuni giornalisti indipendenti, così ha la possibilità di allontanare i lavoratori sindacalizzati, coloro scioperano o addirittura che si ribellano alla proprietà come è accaduto a numerose donne le quali hanno subito molestie sessuali; inoltre alle donne in stato interessante non gli viene rinnovato il contratto.
"Aquí a muchas para que las contrataran primero tenían que bajarse los calzoncitos" è il triste ed esplicativo "motto" delle donne che lavorano o hanno lavorato per la Matas.

La crescente esasperazione dei lavoratori ha portato a gennaio 2013 a numerosi scioperi, lo stato del Costa Rica non ha tardato ha dare il suo supporto all'azienda inviando agenti in tenuta antisommosa che hanno disperso i presidi ed arrestato i leader della protesta tenendoli in celle di isolamento senza cibo per alcuni giorni, tra di loro vi erano anche alcune donne incinte.
Matas dopo le prime proteste ha attuato una politica di licenziamento di coloro che avevano scioperato e  avevano contratti a tempo indeterminato anche se il Codice del lavoro costaricense prevede, per i casi in cui non vi sia giusta causa, l'obbligo per l’azienda di garantire la retribuzione, le mance, le ferie di cui non ha beneficiato dal momento del licenziamento illegale ed anche il preavviso retribuito fino all'interruzione del rapporto di lavoro.

Le proteste dei lavoratori hanno acceso i riflettori sullo stato dell'azienda; un'inchiesta giornalistica ha portato alla luce i debiti di Matas de Costarica (420 milioni di colones al Ministero del Tesoro, 300 alla Caja Costarricense se Seguro Social e 4000 milioni ai lavoratori), l'inchiesta ha portato ad una nuova ondata di proteste culminate nell'occupazione della Ruta 32, una delle vie di comunicazione più importanti per l’economia del paese, oltre all'occupazione dei terreni di Matas de Costarica.  

I lavoratori licenziati hanno deciso di costituire una cooperativa per richiedere all’Assemblea Legislativa ed alla presidentessa del paese (Laura Chinchilla), sul modello delle fabbriche argentine, l'assegnazione di una parte dei terreni dell'azienda come pagamento dei crediti che ancora vantano; in questo modo potrebbero continuare a produrre ed esportare piante ornamentali.
La risposta del governo è sintetizzata nella seguente frase di Luis Gómez, uno dei principali lider della cooperativa, che ha affermato: "Il governo perseguita i lavoratori che difendono i loro diritti, ma tollera i debiti delle grandi imprese", inoltre il governo continua a supportare Matas inviando agenti di polizia in borghese a perquisire i presidi e gli appartamenti dei manifestanti ed eseguire arresti intimidatori ai danni dei leder delle proteste.